Letterato italiano. Compiuti gli studi
di Diritto a Bologna, dal 1516 al 1518 fu lettore di Diritto civile a Siena,
quindi si trasferì alla corte pontificia. Passato al servizio di Ippolito
de' Medici e, poi, di Pierluigi Farnese, da quest'ultimo ottenne la presidenza
del Supremo consiglio di giustizia del ducato di Parma e Piacenza (carica che
mantenne dal 1545 al 1547). Vescovo di Curzola dal 1549, nel 1551 rientrò
a Siena, da dove era stato bandito nel 1526; fu, quindi, inviato in Francia come
ambasciatore e là rimase sin quasi alla morte. Attivo politicamente,
T. ha lasciato numerose orazioni politiche, in larga parte inedite, e una
gran quantità di lettere. La sua fama resta, però, legata alla sua
opera di teorico della lingua volgare: a lui si devono, infatti, una riforma
dell'ortografia (di cui rivendicò la priorità rispetto a G.
Trissino nel dialogo
Il Polito, pubblicato nel 1525) e alcuni interventi
a favore della tesi intermedia della toscanità della lingua italiana
(
Il Cesano, pubblicato nel 1555, ma composto 30 anni prima), nella
polemica tra fiorentinità e italianità. Da ricordare sono anche i
Versi et regole de la nuova poesia toscana (1539), un volume miscellaneo
in cui
T. suggerì alcuni modi di adattamento della metrica
quantitativa alla lingua italiana (Asciano, Siena 1492 - Roma 1556).